Il raggiungimento della parità di genere e della "parità generazionale" insieme all'integrazione delle persone disabili, nel contesto sociale ed economico, è un obiettivo sempre più rilevante grazie all'impulso del diritto eurounitario. Significativa, in tale prospettiva, è la previsione, nell’ambito dei contratti pubblici, della specifica disciplina contenuta all’art. 47, D.L. 31 maggio 2021, n. 77 (PNRR).
In attuazione della disciplina legislativa, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 26 luglio 2023, il Decreto del 23 giugno 2023, contenente le Linee Guida volte a favorire le pari opportunità generazionali e di genere, nonché l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità nei contratti riservati, alla luce dell’art. 1, comma 8, dell’allegato II.3 del D.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, recante la nuova disciplina del codice dei contratti pubblici.
Ai sensi dell'art. 61, comma 1, del nuovo Codice dei Contratti Pubblici, «Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono riservare il diritto di partecipazione alle procedure di appalto e quelle di concessione o possono riservarne l'esecuzione a operatori economici e a cooperative sociali e loro consorzi il cui scopo principale sia l'integrazione sociale e professionale delle persone con disabilità o svantaggiate, o possono riservarne l'esecuzione nel contesto di programmi di lavoro protetti quando almeno il 30 per cento dei lavoratori dei suddetti operatori economici sia composto da lavoratori con disabilità o da lavoratori svantaggiati».
Mentre la tutela delle persone disabili risulta essere già consolidata nell’ambito della contrattualistica pubblica, gli ulteriori obiettivi di promozione dell’occupazione femminile e giovanile appaiono una novità in tale contesto.
Le Linee Guida impegnano le aziende a trasparentemente analizzare il loro contesto lavorativo, richiedendo alle aziende con più di cinquanta dipendenti di trasmettere il rapporto sulla situazione del personale in fase di partecipazione alle gare, pena l'esclusione. Per le aziende con 15-50 dipendenti, è necessario consegnare una relazione di genere e una dichiarazione sulla regolarità del lavoro delle persone con disabilità entro sei mesi dalla conclusione del contratto, altrimenti sono soggette a penali e all'impossibilità di partecipare ad altre procedure di affidamento.
Le Linee Guida prevedono, peraltro, che le Stazioni Appaltanti inseriscano nella lex specialis della gara alcuni “requisiti necessari” e “ulteriori requisiti premiali” dell’offerta, quali criteri orientati a promuovere ulteriormente i succitati obiettivi di inclusione e integrazione.
L'obiettivo principale delle nuove disposizioni è promuovere l'imprenditoria giovanile, l'inclusione delle persone con disabilità e la parità di genere, assicurando una quota del 30% di nuove assunzioni destinate all'occupazione giovanile e femminile. Le stazioni appaltanti hanno la possibilità di escludere alcune clausole o stabilire una quota inferiore, ma devono giustificare adeguatamente tali decisioni, con riferimento all’oggetto del contratto, la tipologia o la natura del progetto o per altri elementi puntualmente indicati che rendano effettivamente l’obbligo assunzionale impossibile o contrastante con gli obiettivi di universalità, socialità, efficienza, economicità, qualità del servizio e di ottimale impiego delle risorse pubbliche.
Le aziende devono rispettare le condizioni per partecipare alle gare, comprese le relazioni sul personale e i diritti delle persone con disabilità.
Le Linee Guida danno concreta attuazione al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza del 2021, prevedendo altresì, alcune tabelle esemplificative sia in ordine alle motivazioni che la Stazione Appaltante può offrire al fine di rendere operative le succitate deroghe, o ancora dei modelli di clausole in relazione alla presentazione dei rapporti e relazioni previste, nonché con riguardo alle di modalità di attribuzione dei punteggi in caso di previsione di clausole premiali. Queste tabelle potranno rappresentare un valido supporto sia per le Stazioni Appaltanti sia per gli stessi operatori economici in sede di partecipazione alle gare pubbliche.
Punti chiave:
Il Consiglio di Stato si è pronunciato sui margini di intervento migliorativo e di adeguamento alle esigenze della Stazione appaltante nella fase di esercizio del diritto di prelazione da parte del promotore nell'istituto del project financing. Il Collegio ha escluso la legittimità dell’esercizio del diritto di prelazione in assenza di una totale identità tra la proposta dell’aggiudicatario e quella del promotore.
Il Consiglio di Stato si è pronunciato sulla possibilità di limitare il trasferimento all’estero di opere d’arte appartenenti a privati, qualora l’uscita di tali opere dal territorio italiano possa compromettere l’integrità e la completezza del patrimonio culturale della Nazione. Nel caso di specie, il proprietario di un quadro di un famoso pittore tedesco aveva richiesto al Ministero della Cultura il rilascio dell’attestato di libera circolazione ed il Ministero aveva negato il rilascio di tale attestato alla luce di una istruttoria nella quale veniva evidenziata la rarità dell’opera straniera in questione e la forte attinenza di tale opera al territorio italiano. Invero, ai sensi del combinato disposto dell’art. 68 e dell’art. 10 del Codice dei beni culturali (d.lgs. n. 42/2004), l’Amministrazione può negare il rilascio dell’attestato di libera circolazione di opere appartenenti a privati laddove queste presentino un interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico eccezionale per l'integrità e la completezza del patrimonio culturale della Nazione. Nel caso di specie, la valutazione svolta dall’Amministrazione ai fini dell’adozione del provvedimento di diniego risultava adeguatamente motivata con riferimento ad una serie di criteri quali la rarità dell’opera, l’altissima qualità dell’opera, il legame dell’opera e del percorso artistico del pittore con il nostro Paese, ecc. A tale valutazione andava aggiunta la considerazione circa l’eccezionale rilevanza del bene ai fini della integrità e della completezza del patrimonio culturale della Nazione (art. 10 del Codice). Pertanto, poiché nella fattispecie ricorrevano entrambe queste circostanze, il Collegio ha ritenuto legittimo il divieto posto dall’Amministrazione sulla esportazione del bene culturale in questione.