La pubblicazione del D.M. 18 marzo 2025, n. 57 (G.U. n. 95/2025, in vigore dal 9 maggio 2025) in attuazione dell’articolo 8 del d.lgs. 25 marzo 2024, n. 41 – che disciplina il procedimento di accertamento, contestazione e irrogazione delle penali convenzionali per i concessionari di gioco – rende sempre più compiuta la riforma del comparto del gioco a distanza. Analizziamo come i nuovi interventi regolamentari si coordinano con lo schema di convenzione ADM (gara CIG B4DF5D6BCF), eventualmente integrandolo.
Il problema della quantificazione delle sanzioni contrattuali in caso di inadempimento da parte dell’affidatario di un contratto pubblico risale quantomeno al Regolamento attuativo della Legge quadro in materia di lavori pubblici (L. “Merloni” n. 109/1994), adottato con d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554 il quale, all’art. 117, prevedeva che «Per il ritardato adempimento delle obbligazioni assunte dagli esecutori di lavori pubblici, le penali da applicare sono stabilite dal responsabile del procedimento, in sede di elaborazione del progetto posto a base di gara ed inserite nel capitolato speciale d'appalto, in misura giornaliera compresa tra lo 0,3 per mille e l'1 per mille dell'ammontare netto contrattuale, e comunque complessivamente non superiore al 10 per cento, da determinare in relazione all'entità delle conseguenze legate all'eventuale ritardo» (la disposizione è stata via via riprodotta nei vari Codici appalti che si sono succeduti ed è pervenuta sostanzialmente immutata sino al più recente D.lgs. n. 36/2023; solo con l’ultimo correttivo, D.lgs. n. 209/2024, gli importi delle penali giornaliere sono stati innalzati a 0,5 per mille e 1,5 per mille).
Nel contesto specifico del gioco, il problema si era posto in quanto, in forza della convenzione di concessione, sottoscritta a luglio 2004 – in esito alla procedura ad evidenza pubblica disposta ed avviata conformemente alla previsione di cui all’art. 14 bis, comma 4, del d.P.R. n. 640/1972, come modificato dall’art. 39, comma 12, del d.l. n. 269/2003, collegato alla legge finanziaria per il 2004 e convertito dalla Legge n. 326/2003, per l’affidamento del servizio di realizzazione e conduzione della rete per la gestione telematica del gioco lecito mediante apparecchi da divertimento ed intrattenimento – il 10 maggio 2007 la Procura Regionale per il Lazio della Corte dei Conti aveva avviato un procedimento per danno erariale nei confronti dei dieci concessionari di detto servizio, in relazione ad alcuni inadempimenti riferiti a (i) ritardi nell’avviamento; (ii) nell’attivazione della rete telematica e (iii) nel collegamento alla rete degli apparecchi da gioco, nonché (iv) al mancato rispetto dei livelli di servizio previsti per la fornitura di messaggi di risposta relativi alla raccolta dei dati di gioco.
Il danno era quantificato complessivamente in 98 miliardi di Euro.
Sulla scorta di ciò, AAMS (odierna ADM) notificava ai concessionari gi atti di contestazione per l’applicazione delle penali previste dalla convenzione di concessione.
I concessionari – alcuni dei quali con il patrocinio dello Studio Lorenzoni – impugnavano dinanzi al TAR del Lazio gli atti di contestazione ottenendone prima la sospensiva e poi l’annullamento nel merito, con la sentenza n. 2728/2008. Il Collegio, nello specifico, rilevava il difetto di proporzionalità nell’irrogazione delle penali medesime sulla scorta di un duplice ordine di considerazioni. Da un lato, il TAR affermava che «la clausola penale per gli inadempimenti nell’esecuzione della concessione ha una funzione non solo punitiva, ma mira a rafforzare anche il vincolo ed a liquidare in via preventiva il danno arrecato, di talché non è ammissibile un’irrogazione di penali, pur quando ancorate a parametri predefiniti di calcolo, oltre determinati limiti d’equilibrio del rapporto concessorio stesso riferiti all’oggetto ed al valore di questo». Dall’altro lato, riteneva violati i principi del giusto procedimento, dal momento che «la P.A. intimata, ove convinta che l’inutile decorso dei vari termini dedotti in convenzione fosse sintomo dell’incapacità del concessionario d’implementare il rapporto concessorio, avrebbe dovuto farlo constare con la dovuta tempestività o, comunque, man mano che le vicende assunte come patologiche s’andavano formando, invece d’attendere l'intervento della Procura della Corte dei conti». Con la sentenza n. 317/2008, resa in una vicenda analoga, il TAR annullava i provvedimenti «ritenendo violati i principi di ragionevolezza e proporzionalità a causa della predeterminazione delle penali in misura fissa, senza alcun margine di valutazione della gravità dell'inadempimento che ne legittimava l'irrogazione».
Nel frattempo, come si legge nel teso della risposta al documento di sindacato ispettivo proposto dall’On.le Maurizio Fugatti n. 5-03566 “Criteri di quantificazione delle sanzioni per irregolarità da parte dei concessionari nella gestione in via telematica degli apparecchi da divertimento e intrattenimento”, con Risoluzione n. 7-00254, la VI Commissione Finanze della Camera dei Deputati «impegnava il Governo a procedere immediatamente, al fine di assicurare il perseguimento dell’interesse pubblico all’espletamento del servizio (con la salvaguardia delle conseguenti entrate erariali) alla revisione delle Convenzioni di concessione, d’intesa con i soggetti interessati, prevedendo, in particolare, che l’eventuale applicazione di penali fosse comunque disposta nel rispetto, tra gli altri, dei principi di ragionevolezza e proporzionalità».
AAMS avviava, quindi, il procedimento di modificazione dell’art. 27 della convenzione, predisponendo Atti aggiuntivi finalizzati, tra l’altro, alla rimodulazione del sistema delle penali, introducendo, accanto al principio del danno effettivamente arrecato, anche i principi di ragionevolezza e proporzionalità. Il Consiglio di Stato, con parere n. 3926/2007 (data di spedizione 15/01/2008) esprimeva il proprio assenso allo schema di Atto aggiuntivo, che veniva, quindi, sottoscritto dai concessionari.
Sulla scorta della nuova formulazione della Convenzione di concessione, il 6 giugno 2008, AAMS riavviava il procedimento sanzionatorio relativo alle quattro penali irrogate con gli atti poi annullati dal TAR, formulando però riserva, in relazione alla quarta penale, di dare corso ad ulteriori attività all’esito dei lavori della Commissione prevista dall’art. 27, comma 4, della Convenzione, a cui era demandata, relativamente alla penale riferita ai livelli di servizio, la «definizione delle procedure e dei criteri per la rilevazione, il calcolo e l’arrotondamento delle penali in questione».
La validità degli atti di irrogazione delle tre penali, censurati dai concessionari, anche con il patrocinio dello Studio Lorenzoni, veniva confermata dal TAR del Lazio con diverse sentenze (tra le quali la n. 12245/2009), poi riformate dal Consiglio di Stato. Il Supremo Consesso, in particolare, rilevava come anche l’esecuzione degli accordi ex art. 11 della L. n. 241/1990 (quali, nel caso di specie, l’Atto aggiuntivo alla convenzione di concessione) «sia sottoposta alle comuni regole civilistiche in tema di adempimento, nonché di obblighi di buona fede delle parti del contratto (art. 1375 c.c.)» e, pertanto, «devono trovare ingresso nella valutazione del giudice anche le regole di diritto comune in materia di imputabilità dell’inadempimento, di prova del danno cagionato e di congruità e proporzionalità della relativa sanzione». Il Collegio rilevava, quindi, che siccome «il ritardo imputato [è] dipeso da una pluralità di fattori non riconducibili unicamente agli inadempimenti contrattuali imputati ai concessionari, ma dovuti a soggetti ad essi non collegabili … viene meno la prova della sussistenza di un danno effettivo per l’Amministrazione» (CdS, Sez. IV, sent. n. 2192/2012).
Sempre secondo il Consiglio di Stato, «la sanzione pecuniaria in questione è stata irrogata secondo un meccanismo automatico in ragione del solo elemento oggettivo dell’inverarsi dell’inadempimento, in assenza di una situazione di responsabilità addebitabile in via colposa alla concessionaria; e tanto rende del tutto ingiustificata l’operata penalizzazione, conferendo in ogni caso alla penalità per cui è causa il carattere abnorme della incongruità e non proporzionalità» (CdS, Sez. IV, sent. n. 4309/2011).
I dubbi espressi dalla Commissione prevista dall’art. 27, comma 4, della Convenzione riguardo alla ragionevolezza e proporzionalità della quarta penale hanno trovato conferma nel parere dell’Avvocatura Generale dello Stato del 23 marzo 2010, secondo cui, anche alla luce della rilevata disarmonia nel sistema delle penali, era suggeribile un intervento che riconducesse nel giusto equilibrio l’intero apparato sanzionatorio, adottando un criterio di omogeneità metodologica tra le quattro penali.
Il Consiglio di Stato, nuovamente investito della questione, con parere n. 4408/2010 (data di spedizione 30/09/2010) aveva condiviso la proposta dell’Amministrazione di rimodulare in autotutela le penali previste in misura fissa nella convenzione di concessione, anche al fine di «evitare prevedibili censure in sede giurisprudenziale». La Sezione condivideva, quindi, l’introduzione della nuova formulazione “fino a”, per consentire «una quantificazione correlata a tutti gli elementi rilevanti ai fini del concretarsi dell’inadempimento e l’adozione di una penale coerente con il pregiudizio arrecato dall’inadempimento medesimo».
Con la finalità di «tenere in debito conto l’equilibrio economico contrattuale» era stata, inoltre, raccomandata l’adozione di un limite massimo alle penali complessivamente dovute dal concessionario per ciascun esercizio annuale (pari, nello specifico, all’11% del valore medio del compenso annuale spettante al concessionario) e ciò al fine di «attuare un ragionevole contenimento, entro i confini del sinallagma convenzionale, delle somme richiedibili a titolo di penale ai concessionari per gli eventuali inadempimenti riscontrati in ciascun anno».
Tuttavia, sul punto, il Consiglio di Stato riteneva l’introduzione di tale limite ragionevole per gli inadempimenti legati all’attuazione e conduzione della rete ed alle attività connesse, in relazione al paventato rischio moltiplicatore dell’entità della sanzione, non anche in caso di importi dovuti per ritardato versamento del canone o dell’obbligo di risoluzione dei contratti per cui, secondo la Sezione, in tali ipotesi «l’introduzione del limite complessivo non appare razionale, con la conseguenza che tali fattispecie dovrebbero ritenersi escluse».
Per rimediare all’incertezza applicativa sopra delineata, interveniva, quindi, il Legislatore che, con il d.l. n. 40/2010, all’art. 2, comma 2, disponeva che «Le amministrazioni statali concedenti, attraverso adeguamenti convenzionali ovvero l'adozione di carte dei servizi, ivi incluse quelle relative alle reti fisiche di raccolta del gioco, assicurano l'effettività di clausole idonee a garantire l'introduzione di sanzioni patrimoniali, nel rispetto dei principi di ragionevolezza, proporzionalità e non automaticità, a fronte di casi di inadempimento delle clausole della convenzione imputabile al concessionario, anche a titolo di colpa, la graduazione di tali sanzioni in funzione della gravità dell'inadempimento, nonché l'introduzione di meccanismi tesi alla migliore realizzazione del principio di effettività della clausola di decadenza dalla concessione, oltre che di maggiore efficienza, efficacia ed economicità del relativo procedimento nel rispetto del principio di partecipazione e del contraddittorio».
Con la Legge di Stabilità 2011 (e, in particolare, con l’art. 1, commi 77 e 78, della L. n. 220/2010) veniva onerata l’AAMS di «avviare senza indugio l'aggiornamento dello schema-tipo di convenzione accessiva alle concessioni per l'esercizio e la raccolta non a distanza, ovvero comunque attraverso rete fisica, dei giochi pubblici». Venivano, quindi fornite indicazioni per l’introduzione di una serie di nuovi obblighi convenzionali, tra le quali la «definizione di sanzioni, a titolo di penali, a fronte di casi di inadempimento delle clausole della convenzione accessiva alla concessione imputabili al concessionario, anche a titolo di colpa; graduazione delle penali in funzione della gravità dell'inadempimento e nel rispetto dei principi di proporzionalità ed effettività della sanzione».
Il Consiglio di Stato – in una controversia in cui un concessionario per l’attivazione e la conduzione operativa della rete per la gestione telematica del gioco lecito mediante apparecchi da divertimento e intrattenimento aveva impugnato il decreto interdirigenziale del 28 giugno 2011 con cui AAMS aveva provveduto alla determinazione dei requisiti delle società concessionarie e dei loro amministratori, nonché, con ricorso per motivi aggiunti, il successivo bando di gara per l’affidamento delle nuove concessioni per la realizzazione e conduzione della rete per la gestione telematica del gioco lecito, mediante apparecchi da divertimento e intrattenimento – ha rimesso alla Corte Costituzionale la questione incidentale di legittimità dell’art. 1, comma 79, della legge n. 220 del 2010, e dei precedenti commi 77 e 78, in quanto da esso richiamati, in relazione ai parametri di cui agli artt. 3, 41, primo comma, e 42, terzo comma, della Costituzione.
La ricorrente sosteneva, in sintesi, di avere diritto di proseguire la concessione “senza alcuna soluzione di continuità”, come previsto dall’art. 21, comma 7, del d.l. n. 78 del 2009, e assumeva che le nuove prescrizioni imponessero intollerabili pesi e oneri sia gestionali che economici ai concessionari preesistenti, in assenza di indennizzi di sorta, ledendo sue consolidate posizioni, in contrasto con i principi di tutela dell’affidamento e dei diritti patrimoniali sanciti dal diritto europeo e dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU).
La Consulta, nel ritenere infondata la questione, ha affermato che:
(i) quanto alla violazione dell’art. 3 Cost., nei rapporti di concessione di servizio pubblico, la possibilità di un intervento pubblico modificativo delle condizioni originarie è da considerare in qualche modo connaturata al rapporto, specialmente in un ambito così delicato come quello dei giochi pubblici, nel quale i valori e gli interessi coinvolti appaiono meritevoli di speciale e continua attenzione da parte del legislatore; nel caso di specie, in particolare, i nuovi obblighi posti dalle norme censurate misura minima di ripristino della par condicio dei gestori, del tutto giustificata dalla situazione di vantaggio del concessionario «preesistente» che, avendo aderito alla fase di sperimentazione e avvio a regime di sistemi di gioco costituiti dal controllo remoto del gioco attraverso videoterminali, non ha dovuto sottoporsi alla gara per il nuovo affidamento.
(ii) con riferimento all’art. 41, primo comma, Cost., le norme denunciate sono dichiaratamente rivolte a contemperare gli interessi privati dei concessionari con i prevalenti interessi pubblici coinvolti nel settore dei giochi e delle scommesse (utilità sociale) e a migliorarne la tutela, senza che sia dato di rinvenire elementi di arbitrarietà nella loro individuazione, con la conseguenza che le disposizioni che richiedono il mantenimento di un più elevato indice di solidità economico-finanziaria dell’impresa del concessionario e il suo rispetto per l’intera durata della concessione, o che introducono clausole penali e meccanismi volti a rendere effettive le cause di decadenza dalla concessione, non sono palesemente incongrue rispetto alle finalità individuate dal legislatore;
(iii) in relazione all’art. 42, terzo comma, Cost., il sacrificio patrimoniale imposto al concessionario, in termini di maggiore onerosità per l’osservanza dei nuovi obblighi, nonostante incida su posizioni conseguite a titolo oneroso, senza prevedere un adeguato indennizzo, non può costituire violazione del richiamato parametro costituzionale, poiché quest’ultimo opera esclusivamente nei confronti delle ablazioni reali, cioè di quelle espropriazioni che concernono i beni, con l’imposizione di limiti e vincoli che li svuotino del loro contenuto. Mentre esso non è applicabile alle prestazioni (o ablazioni) obbligatorie (sentenza n. 290 del 1987). Non è ipotizzabile un’ablazione reale con riferimento alle somme pagate dal concessionario per conseguire le autorizzazioni all’installazione dei videoterminali, giacché la supposta perdita totale o parziale del capitale investito costituirebbe al più un’incidenza solo riflessa dei vincoli di gestione imposti dalle norme denunciate, e si collocherebbe, come tale, fuori dall’ambito di protezione della norma costituzionale.
Le convenzioni di concessione disciplinanti il servizio di raccolta dei giochi pubblici, all’esito delle procedure di gara previste, rispettivamente, dall’art. 38, comma 4, del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni dalla L. 4 agosto 2006, n. 248 (c.d. concessione Bersani) e dall’art. 1-bis del d.l. 25 settembre 2008, n. 149, convertito con modificazioni dalla L. 19 novembre 2008, n. 184, come modificato dall’art. 2, commi 49 e 50 della L. 22 dicembre 2008, n. 203 (c.d. concessione Giorgetti), prevedevano una serie di penali convenzionali in caso di mancata osservanza delle modalità di gestione dei flussi finanziari, come ridefinite dalla determinazione direttoriale di AAMS Prot. RI 7077 del 30/12/2015, modificata con determinazione direttoriale Prot. n. 8738 del 19 gennaio 2018.
Nello specifico, le convenzioni di concessione cc.dd. Bersani disponevano, all’art. 26 “Penali e sanzioni”, comma 2, lett. c), in caso di ritardato versamento di saldi quindicinali e imposta unica, una penale del 5% degli importi dovuti, per ogni giorno di ritardo fino al quindicesimo giorno. Le convenzioni di concessione cc.dd. Giorgetti, invece, per la medesima tipologia di ritardo, disponevano che la penale fosse dovuta in misura variabile tra l’1% e il 5% degli importi dovuti. Entrambe le convenzioni prevedevano, in aggiunta, l’obbligo di corrispondere gli interessi al saggio legale sulle somme dovute a titolo di penale, dal giorno successivo alla scadenza a quello dell’effettivo versamento.
Successivamente, veniva bandita una nuova gara per l’affidamento di duemila nuove concessioni per l'esercizio congiunto dei giochi pubblici ai sensi dell'articolo 10, comma 9 octies del D.L. 2.3.2012, n. 16 convertito con modificazioni dalla L. 26.4.2012 n. 44, attraverso l'attivazione della rete fisica di negozi di gioco e la relativa conduzione (c.d. concessione Monti). Le convenzioni sottoscritte dai nuovi concessionari prevedevano, all’art. 22, comma 4, un tetto massimo annuale delle penali irrogabili al concessionario, nella misura del 10% del compenso effettivamente percepito per l’attività di raccolta dei giochi pubblici nell’anno, o frazione di anno, precedente.
L’applicazione, da parte degli Uffici dei Monopoli di ADM, tra il 2012 e il 2017, delle disposizioni delle convenzioni Bersani e Giorgetti relative alle penali per i ritardi nei flussi finanziari ha provocato un nutrito contenzioso dinanzi al giudice amministrativo – nella maggior parte dei casi dichiaratosi sprovvisto di giurisdizione (Cass. SS.UU. n. 1512/2016) – e dinanzi al giudice ordinario, adito direttamente o per via della translatio iudicii. La richiesta di riduzione delle penali ai sensi dell’art. 1384 c.c. è stata, generalmente accolta, proprio in relazione sia alle novità normative nel frattempo intervenute, ai pareri resi dall’Avvocatura dello Stato in relazione agli schemi di convenzione relativi alle concessioni per gli apparecchi da intrattenimento, nonché ai nuovi schemi di convenzione adottati per le concessioni Monti (cfr., ad esempio, App. Bologna, Sez. II, sent. n. 1145 del 23/05/2024, secondo cui «In definitiva può dirsi che i successivi patti benevoli previsti nei confronti dei concessionari e il mutato contesto anche legislativo dell’attività di raccolta di scommesse costituiscono elementi sufficienti ad accertare l’eccessiva onerosità delle penali») sia con riferimento alla sproporzione tra l’importo della penale e il danno arrecato all’Amministrazione concedente (Trib. Firenze, Sez. III, ord. del 30/04/2019, R.G. n. 17974/2013: «Pare di palmare evidenza che se parte ricorrente fosse tenuta a corrispondere l’importo di € .... -pari a 5% di penale per ogni singolo giorno di ritardo-, ciò comporterebbe una ingiusta locupletazione da parte della P.A.- che si vedrebbe corrispondere più del doppio di quanto avrebbe conseguito in caso di pagamento tempestivo- e la penale pattuita svolgerebbe esclusivamente finalità punitive per il contraente inadempiente, in una dinamica tra rapporti economici del tutto avulsa dalla sussistenza di un pregiudizio patìto dalla P.A. che, pure, deve sussistere e al quale è deputata la ratio stessa della penale»).
Tuttavia, l’esercizio del potere di equa diminuzione della penale da parte dei Giudici ha comportato una disparità di trattamento in situazioni del tutto analoghe. Infatti, dall’analisi delle sentenze di merito intervenute in argomento, risulta che l’importo delle penali è stato rideterminato (i) riconducendolo all’importo del 40% del compenso percepito dal Concessionario nell’anno precedente (App. Bologna, sent. n. 1145/2024 cit.); (ii) riducendolo all’1%, così «parametrando la penale al modesto ritardo con cui parte ricorrente ha adempiuto» (Trib. Firenze, Sez. III, ord. del 30/04/2019, cit.); (iii) applicando la misura scalare prevista in alcune transazioni concluse tra ADM e i concessionari, che prevede una penale dell’1% per i primi tre giorni di ritardo, del 2% dal quarto al sesto giorno, del 3% dal settimo al nono, del 4% dal decimo al dodicesimo, del 5% dal tredicesimo al quindicesimo giorno (Trib. Roma, Sez. II, ordinanza del 27/04/2018, R.G. n. 15866/2017; Trib. Palermo, Sez. V, ordinanza del 29/06/2016, R.G. n. 1309/2014). In alcuni casi, invece, la riduzione ad equità dell’importo delle penali è stata esclusa per difetto di specificità della richiesta («L’appellante in merito al carattere sproporzionato della somma richiesta a titolo di penali si limita a citare sentenze del Tribunale di Roma senza addurre per l’ipotesi sottoposta al vaglio della Corte alcuna analitica osservazione o calcolo che porti a ritenere eccessiva la pretesa oggetto di causa», App. Roma, Sez. I, sent. n. 2325 del 11/04/2025).
Una precisazione importante circa la natura giuridica delle penali convenzionali nel settore del gioco è stata offerta dalla sentenza del TAR Lazio, Sez. II, n. 410 del 09/01/2025. Il Collegio, nel rigettare le doglianze di un Concessionario della raccolta mediante apparecchi da intrattenimento, ha affermato che, nonostante la terminologia utilizzata nella legge e nella convenzione di concessione, le penali convenzionali non hanno natura sanzionatoria e, pertanto, non possono soggiacere ai limiti e alle condizioni, anche decadenziali per la relativa comminatoria, previsti dalla L. n. 689/1991.
Il TAR, infatti, richiamando i tre criteri definiti dalla CEDU nella sentenza Engel e altri c. Paesi Bassi del 8 giugno 1976 (caso n. 5100/71), ovverosia (i) il criterio formale di qualificazione dell'illecito operata dal diritto nazionale; (ii) la natura della sanzione, alla luce della sua funzione punitiva-deterrente e (iii) la severità, ovvero la gravità del sacrificio imposto, ha escluso la riconducibilità delle penali convenzionali alla nozione di sanzione amministrativa "in senso stretto", come tale «permeata dalla stessa linfa vitale che irrora la sanzione penale (con l'unica differenza del minor disvalore sociale del fatto sanzionato)».
Il Collegio ha quindi ribadito che l’irrogazione delle penali convenzionali non rientra nell’esercizio di un potere autoritativo, evidenziando come «le contestazioni mosse dall’Amministrazione […] si pongano in una dimensione meramente paritetica, quale parte contraente di un rapporto sinallagmatico di natura privatistica». Ne deriva l’applicabilità dei princìpi civilistici in materia di responsabilità contrattuale, inadempimento, buona fede, e – soprattutto – dell’art. 1384 c.c., che consente al giudice di ridurre l’ammontare della penale se manifestamente eccessiva.
Il sistema sanzionatorio delineato dalla normativa primaria e attuato dal D.M. 57/2025 si fonda su principi generali vincolanti, ora formalizzati e resi cogenti anche a livello regolamentare e convenzionale:
⦁ Ragionevolezza, proporzionalità. La sanzione deve essere commisurata alla gravità dell’inadempimento, evitando automatismi e garantendo un bilanciamento tra l’interesse pubblico e la lesione arrecata;
⦁ Non automaticità. L’applicazione della penale deve essere subordinata ai principi procedurali dell’istruttoria e della motivazione, con obbligo per ADM di esplicitare le fonti documentali e le valutazioni tecniche a supporto;
⦁ Gradualità, anche in relazione alla gravità e alla recidiva;
Tali principi, già accolti nello schema di convenzione, sono ora formalizzati nel Regolamento e resi vincolanti ai fini del procedimento di contestazione (D.M. 57/2025).
La novità più rilevante riguarda la procedimentalizzazione del contraddittorio finalizzato all’accertamento, contestazione e irrogazione delle penali convenzionali.
Il procedimento di irrogazione delle penali è così articolato:
⦁ L’ADM accerta l’inadempimento tramite
a) analisi documentale, se l’obbligo riguarda documenti o attestazioni.
b) analisi informazioni contenute nelle banche dati (Sogei, sistema centralizzato o del concessionario), per obblighi informatici misurabili.
c) analisi tecnico-informatica dei report del concessionario per obblighi tecnici/informatici non direttamente misurabili.
d) la rilevazione dei livelli di servizio è effettuata da ADM con il supporto di Sogei, secondo le regole convenzionali (Allegato 1 della convenzione). Le modalità di rilevazione, gli strumenti di monitoraggio e i risultati della rilevazione dei livelli di servizio devono essere conoscibili dal concessionario
⦁ La contestazione è notificata via PEC, con indicazione dettagliata di importo della penale, motivazione, periodo di riferimento e termine di 60 giorni per osservazioni e controdeduzioni;
⦁ Alla contestazione devono essere allegati elementi probatori, dati analitici e risultanze estratte dalle banche dati, dal sistema centralizzato e dal sistema del concessionario, in modo da consentire al concessionario la completa ed esatta individuazione dell'evento che ha prodotto l'inadempimento.
⦁ Il concessionario può richiedere un’audizione entro 30 giorni dalla contestazione, che deve svolgersi non oltre 15 giorni dalla richiesta;
⦁ L’Amministrazione decide entro 90 giorni dal termine per le osservazioni, motivando l’irrogazione, la rimodulazione o l’archiviazione della penale.
Il Regolamento distingue tre principali categorie di penali convenzionali, in piena coerenza con l’art. 26 dello schema di convenzione di concessione per la raccolta di giochi a distanza di cui al d.lgs. n. 41/2024:
⦁ Penali in misura fissa: applicabili in caso di inadempimenti gravi (omissione di attività obbligatorie essenziali) che comportino la sospensione della raccolta o di violazione di divieti specifici la cui reiterazione può comportare la decadenza dalla concessione.
⦁ Penali fisse moltiplicate per i giorni di ritardo: riferite a ritardi o inadempimenti rispetto a obblighi soggetti a tempistiche precise, che non determinano la sospensione della raccolta (es. ritardato invio di documenti o dati).
⦁ Penali proporzionali/variabili: calcolate su parametri economici (es. percentuale sulla differenza tra raccolta e utile erariale), graduabili secondo la gravità dell’inadempimento e la recidiva (fino al 70% della stessa base).
Il D.M. 57/2025 stabilisce, inoltre, che l'importo della penale da applicare al singolo inadempimento convenzionale deve essere determinato individuando una componente fissa, collegata all'evento (rappresentata dal limite di valore minimo della penale), e due componenti variabili, collegate alla gravità dell'inadempimento (fino al 30% della differenza tra massimo e minimo edittale) e alla recidiva del concessionario (fino al 70% della differenza fra il massimo e il minimo edittale).
Se dall’istruttoria di ADM emerge che la responsabilità è particolarmente tenue, la penale può essere ridotta fino al 30% del minimo o applicata nel minimo nonostante la recidiva.
Lo schema di convenzione ADM individua oltre 38 ipotesi sanzionatorie, con importi fissi, forfettari o percentuali, nonché penali calcolate su base giornaliera o riferite alla raccolta o agli investimenti.
Il regolamento integra la convenzione – in quanto da questa espressamente richiamato – per quanto riguarda le disposizioni relative al procedimento di accertamento, contestazione e irrogazione delle penali, di partecipazione e contraddittorio nell’ambito di tale procedimento, nonché la precisa individuazione dei criteri e dei dati adottati nella determinazione del valore complessivo della penale.
Il nuovo assetto regolamentare, sebbene introduca importanti garanzie procedurali per il Concessionario, conferma quanto il panorama delle ipotesi sanzionatorie sia estremamente dettagliato e articolato. Le fonti si intrecciano tra normativa primaria, approdi giurisprudenziali, regolamento attuativo e schema di convenzione, disegnando una mappa complessa di adempimenti, soglie, scadenze e parametri economici che impongono agli operatori una gestione strutturata del rischio.
In questo contesto, risulta essenziale dotarsi di checklist operative, sistemi di monitoraggio preventivo e procedure di audit interno in grado di anticipare le situazioni critiche e attivare tempestivamente misure correttive. L’identificazione dei punti di attenzione non può essere lasciata alla sola reazione agli eventi, ma richiede una strategia di compliance dinamica e proattiva.
Al tempo stesso, la disciplina valorizza – nella fase procedimentale – i principi di partecipazione, dialogo e trasparenza, offrendo margini concreti per interlocuzioni con ADM fondate su fiducia reciproca e orientamento al risultato. In quest’ottica, la cooperazione con l’Amministrazione, se condotta in modo serio, documentato e tempestivo, può costituire un valido strumento non solo per evitare la sanzione, ma anche per ristabilire condizioni di regolarità e continuità operativa.
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