Con la pronuncia n. 8 del 2022 l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha chiarito i termini della concerta applicazione del principio fissato all’art. 34, comma 3, del Codice del Processo Amministrativo, ove è prevista la possibilità per il giudice di proseguire il giudizio ai fini dell’accertamento dell’illegittimità del provvedimento contestato, anche ove il suo annullamento non risulti più utile al ricorrente, ma residui interesse ai fini risarcitori.
Il tema è di certa rilevanza ed un intervento nomofilattico si è reso necessario in ragione dei diversi orientamenti giurisprudenziali formatisi sul tema. Per un primo orientamento, infatti, l’interessato potrebbe ottenere il prosieguo del giudizio ai fini risarcitori con la semplice esplicitazione di voler proporre in futuro la domanda risarcitoria, mentre per un secondo indirizzo occorrerebbe che il ricorrente alleghi i presupposti della successiva domanda ed, infine, per un ultimo orientamento sarebbe richiesta la puntuale dimostrazione quantomeno del danno ingiustamente subito.
Nel caso sottoposto all’adunanza plenaria la controversa afferiva all’impugnazione, da parte di alcuni proprietari terrieri, degli atti di pianificazione urbanistica mediante i quali è stata negata loro la capacità edificatoria nei relativi fondi. Nella pendenza dei giudizi di primo grado era sopravvenuta una disciplina urbanistica che aveva fatto venire meno l’interesse all’annullamento degli atti originariamente impugnati, ma i ricorrenti hanno insistito per ottenere l’accertamento dell’illegittimità degli atti ai soli fini risarcitori, depositando un’apposita memoria.
Ebbene, l’ordinanza di remissione della IV Sezione ha richiesto all’Adunanza Plenaria chiarimenti principalmente su due profili:
- le modalità con cui l’interesse all’accertamento dell’illegittimità dell’atto debba essere manifestato (se sia, cioè, sufficiente un’istanza generica, ovvero se sia necessario rispettare particolari modalità in rito, anche nei termini, ed ancora se sia necessario dimostrare la sussistenza dei presupposti per la proposizione della domanda risarcitoria ovvero se questa non debba essere presentata nell’ambito del medesimo giudizio di annullamento in uno autonomo)
- i limiti dell’accertamento giudiziale in riferimento alla valutazione dell’interesse risarcitorio (dovendosi chiarire se il giudice possa esprimersi sull’insussistenza degli elementi necessari a proporre domanda di risarcimento, precludendo così anche l’accertamento di illegittimità).
Ebbene, l’Adunanza Plenaria ha ritenuto di aderire all’orientamento secondo cui sia sufficiente la dichiarazione del ricorrente di avere interesse affinché sia accertata l’illegittimità dell’atto impugnato in vista della futura azione risarcitoria. Non è necessario, in tal senso, che vengano allegati gli elementi costitutivi del diritto risarcitorio, poiché il Codice assicura, all’art. 30, comma 5, c.p.a., l’autonomia dell’azione risarcitoria, esercitabile entro 120 giorni dalla sentenza che accerta l’illegittimità del provvedimento dannoso. Una differente interpretazione, in tal senso, farebbe venir meno l’autonomia della domanda di risarcimento del danno (imponendo al ricorrente di dimostrarne l’ammissibilità sin dal giudizio di annullamento), ridurrebbe le possibilità di scelta per il privato di modulare la propria strategia processuale e limiterebbe la capacità deflattiva del contenzioso insita nella disciplina dell’art. 34, comma 3, c.p.a.
Per ottenere l’accertamento preventivo, quindi, è bastevole una dichiarazione, da rendersi nelle forme e nei termini previsti dall’art.73 c.p.a., a garanzia del contraddittorio nei confronti delle altre parti. Di conseguenza, il giudice dovrà limitarsi a svolgere il medesimo accertamento che avrebbe condotto con la domanda di annullamento iniziale, con l’unica differenza che al suo esito positivo non conseguirà una pronuncia costitutiva di annullamento del provvedimento, ma il mero accertamento della sua illegittimità.
La decisione assunta dall’Adunanza Plenaria sembra optare per l’indirizzo che maggiormente tutela la posizione processuale del ricorrente, al quale non è fatto obbligo (pur rimanendone la possibilità) di dimostrare la sussistenza degli elementi validi ad ottenere il risarcimento del danno in una fase processuale precedente ed autonoma, riferita al solo accertamento di illegittimità.
In questo modo il ricorrente potrà valutare in itinere la possibilità di proseguire il giudizio e decidere di introdurre la domanda risarcitoria, in riferimento alla quale inizialmente non aveva interesse, solo ove sia certo dell’illegittimità del provvedimento.
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