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Uso dell’intelligenza artificiale nei procedimenti amministrativi

L’evoluzione normativa e giurisprudenziale sull’uso dell’intelligenza artificiale nei procedimenti amministrativi, e in particolare nelle procedure a evidenza pubblica, solleva questioni sempre più complesse.

Tre recenti pronunce del Giudice amministrativo offrono l’occasione per approfondire:

i limiti e le condizioni di accesso al codice sorgente degli algoritmi usati nelle procedure di gara,
il principio di non esclusività della decisione automatica,
la rilevanza dell’impiego dell’IA nelle soluzioni tecniche presentate in sede di gara.

I. La sentenza del Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 4857/2025

La questione affrontata dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 4857 del 4 giugno 2025 riguarda l’uso degli algoritmi nell’ambito delle procedure di gara.

In particolare, una società era stata esclusa da una gara pubblica per l’affidamento di un servizio di lavorazione dei rifiuti poiché era risultato che uno dei documenti caricati sulla piattaforma telematica presentava un’impronta hash diversa da quella generata in fase preliminare, segno di una modifica intervenuta sul file dopo il termine di scadenza.

Nel corso del giudizio promosso contro l’esclusione, l’impresa proponeva istanza di accesso difensivo ai sensi dell’art. 116, comma 2, c.p.a., chiedendo  – tra gli altri documenti – l’ostensione del codice sorgente della piattaforma utilizzata dalla stazione appaltante. L’accesso veniva negato sul presupposto che il codice fosse coperto da privativa intellettuale e che il sistema risultasse, comunque, certificato da AgID, ANAC e ACN.

L’impresa esclusa censurava la violazione dell’art. 30 del D.lgs. n. 36/2023 e, in particolare, il principio di non esclusività della decisione algoritmica. Il T.A.R. Piemonte respingeva l’istanza, ritenendo non sussistenti i presupposti di indispensabilità e l’ordinanza veniva impugnata innanzi al Consiglio di Stato.

La sentenza del Consiglio di Stato in commento si segnala tra le prime applicazioni giurisprudenziali dell’art. 30 del d.lgs. n. 36/2023, norma innovativa in quanto disciplina l’impiego dell’automazione nel processo decisionale e il ricorso all’intelligenza artificiale, subordinandoli al rispetto di una serie di cautele quali (i) la supervisione dell’operatore umano sulle decisioni assunte dalla macchina e (ii) la trasparenza degli algoritmi utilizzati.

Ebbene, il Consiglio di Stato non ha ravvisato, nel caso di specie, la violazione dei principi sanciti dall’art. 30, ivi incluso quello di non esclusività della decisione algoritmica. Trattandosi di algoritmo di mero supporto, con un’attività limitata alla comparazione delle impronte hash, il Giudice amministrativo ha escluso che vi fosse stata una decisione algoritmica, valutando che l’impiego dell’intelligenza artificiale fosse limitato al mero supporto all’attività amministrativa, rimasta in capo alla Commissione di gara.

Ad avviso del Consiglio di Stato, l’art. 30 del Codice appalti mostra un favor per l’esercizio dell’accesso al codice sorgente, assicurandone la disponibilità o promuovendo l’utilizzo di algoritmi open source; tuttavia, nel contesto esaminato, in cui - tra l'altro - un’impresa terza deteneva i diritti di privativa intellettuale sul codice sorgente, il diritto di accesso risultava recessivo rispetto alla tutela del copyright, anche perché l’istanza appariva meramente esplorativa.

In questi casi, secondo il Collegio:

«per l’esercizio del diritto di accesso alle informazioni contenenti possibili segreti tecnici o commerciali, è fondamentale dimostrare non semplicemente un generico interesse alla tutela dei propri interessi giuridicamente rilevanti, quanto piuttosto la concreta necessità di utilizzare la documentazione in giudizio».

La sentenza del Consiglio di Stato n. 4857/2025 risulta pregevole anche perché ripercorre le tappe del processo di digitalizzazione della P.A., richiamando le principali fonti normative che, nel tempo, sono intervenute a disciplinare l’uso degli strumenti tecnologici da parte dell’amministrazione.

II. La sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 4929/2025

Di recentissima pubblicazione è anche un’altra pronuncia del Consiglio di Stato – n. 4929 del 6 giugno 2025 – dove viene affrontato il tema dell’accesso agli atti rispetto a procedimenti amministrativi gestiti in forma automatizzata, nell’ambito dei contributi pubblici erogati dall’Agenzia regionale per la gestione ed erogazione degli aiuti in agricoltura per la Sardegna (Argea Sardegna).

In particolare, i ricorrenti richiedevano l’accesso ai documenti riguardanti i contributi e gli aiuti erogati dall’Argea Sardegna ad un soggetto terzo, affittuario dei fondi sui quali i ricorrenti vantavano un diritto di comproprietà. L’Argea negava l’accesso ai documenti richiesti asserendo che i contributi sono gestiti mediante l’impiego di algoritmi, in forma completamente automatizzata, presso il Sistema integrato di gestione e controllo, per cui l’unico modo per estrarre tali dati sarebbe quello di affidare, dietro compenso, un incarico al RTI che gestisce il SIAN.

Il Consiglio di Stato ha ritenuto illegittimo il diniego all’accesso posto dall’Argea, in considerazione del fatto che la citata agenzia ha competenza diretta in materia di gestione e pagamento dei contributi oggetto dell’istanza di accesso, per cui

le eventuali difficoltà pratiche nell’acquisizione dei documenti non possono legittimamente ostare all’esercizio del diritto di accesso, fermo restando che gli eventuali costi necessari per la riproduzione dei dati devono essere messi a carico della parte che richiede l’accesso.

La questione affrontata ha costituito l’occasione per il Giudice amministrativo per ribadire i principi che governano l’applicazione dei sistemi di intelligenza artificiale nei procedimenti amministrativi.

In particolare, assumono rilievo primario i principi di conoscibilità e comprensibilità, non esclusività della decisione algoritmica e non discriminazione algoritmica.

Alla luce di tali principi, secondo il Giudice amministrativo l’amministrazione procedente non può negare l’accesso trincerandosi dietro la non conoscibilità dei meccanismi informatici di gestione dei procedimenti, atteso che, nel caso di specie, la richiesta di accesso ai documenti era anche connessa a dichiarati fini difensivi dei soggetti che richiedevano l’accesso.

III. La sentenza del T.a.r. Lazio, Sez. II, n. 4546/2025

La sentenza del T.A.R. Lazio, Sez. II, n. 4546/2025 si inserisce nel solco di una giurisprudenza sempre più consapevole del ruolo crescente dell’intelligenza artificiale nei contratti pubblici.

Il Collegio si è pronunciato sul ricorso proposto da un’impresa partecipante ad una gara per l’affidamento dei servizi di pulizia e sanificazione, la quale lamentava, tra le altre censure, anche la maggiore valutazione attribuita dalla Commissione di gara all’impresa aggiudicataria che – nella propria offerta – aveva dichiarato di volersi avvalere dei sistemi di intelligenza artificiale nei servizi proposti.

Contrariamente a quanto asserito dalla ricorrente, secondo cui sarebbe inaffidabile l’offerta dell’aggiudicataria che fa leva sull’impiego di sistemi di IA, il T.a.r. Lazio ha rilevato come

«non sia rinvenibile nel caso di specie […] alcun aspetto di evidente criticità e/o inaffidabilità di tale strumento di ausilio, peraltro ormai di comune e diffuso utilizzo, né conseguentemente alcun motivo che avrebbe dovuto condurre la Commissione a diverse valutazioni».

La sentenza in commento ha rappresentato anche un’occasione per il Giudice amministrativo per ribadire l’unanime indirizzo della giurisprudenza amministrativa con riferimento alla discrezionalità riconosciuta alla Commissione di gara nella valutazione delle offerte.

Il T.a.r. Lazio, infatti, ha precisato che gli apprezzamenti svolti dalla Commissione di gara nell’ambito della valutazione delle offerte rientrano nell’esercizio del potere discrezionale attribuito alla Commissione giudicatrice, con la conseguenza che sono inammissibili le censure rivolte al merito della valutazione svolta da siffatto organo tecnico.

La decisione, al di là della sua valenza sul piano tecnico, suggerisce un orientamento positivo del giudice amministrativo verso l’uso consapevole dell’IA nei servizi oggetto di appalto, confermando che – anche in sede contenziosa – la valorizzazione di tali strumenti può costituire un elemento di forza, a condizione che sia sorretta da un’adeguata progettazione, documentazione e coerenza con i requisiti di gara.

La sentenza risulta appellata, con udienza pubblica dinanzi alla Terza Sezione del Consiglio di Stato fissata al 18 settembre 2025.

IV. Conclusione

Le sentenze analizzate confermano che l’impiego dell’intelligenza artificiale nei procedimenti amministrativi, in particolare nell’ambito delle procedure ad evidenza pubblica, richiede un attento bilanciamento tra automazione e garanzie partecipative. Il principio di non esclusività della decisione algoritmica, la trasparenza dei processi automatizzati e la conoscibilità del codice sorgente si impongono come presidi fondamentali per assicurare la legittimità dell’azione amministrativa e il rispetto del diritto di accesso.

Sebbene il Codice dei contratti pubblici mostri un’apertura verso l’adozione di strumenti tecnologici avanzati, la giurisprudenza ribadisce che il ricorso agli algoritmi deve essere accompagnato da adeguata supervisione umana e da un’informazione comprensibile, accessibile e verificabile, a tutela dei principi di buon andamento, imparzialità e trasparenza.

Tanto per le stazioni appaltanti quanto per gli operatori economici – aggiudicatari o esclusi – una gestione giuridicamente consapevole dell’IA, nel contesto delle gare, può incidere in modo significativo sull’esito della procedura e sul contenzioso.

La capacità di interpretare correttamente l’interazione tra l’impiego dell’IA nei procedimenti amministrativi e le garanzie difensive attivabili in sede giurisdizionale si rivelerà sempre più determinante anche nella costruzione di strategie difensive efficaci.

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