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Validità del pactum de tractando e legittimità del recesso dalle trattative

Con la sentenza del 5 ottobre 2022, n. 14471, il Tribunale di Roma, Sez. X, Dott. Raffaele Miele, ha accolto la domanda proposta in via principale da un concessionario di un porto turistico, patrocinato dallo Studio Lorenzoni, volta a far accertare la legittimità del rifiuto di dar seguito al c.d. "pactum de tractando".

La peculiare controversia sorgeva dalle reiterate richieste, formulate dalla controparte contrattuale, di vedersi affidati i lavori di consulenza, progettazione, coordinamento per la sicurezza e la direzione lavori delle opere di riqualificazione e ristrutturazione previste nel Piano Regolatore Portuale, che era stato da questa predisposto su incarico del concessionario demaniale marittimo per la realizzazione e gestione delle strutture dedicate alla nautica da diporto.

 

I contratti che disciplinavano l’incarico di redigere la relazione generale del Piano Regolatore Portuale (PRP), gli elaborati grafici e le relative norme tecniche di attuazione, nonché i documenti necessari per le varianti al Piano Strutturale (PS) e al Regolamento Urbanistico (RU) contenevano, infatti, la previsione di un obbligo, in capo al concessionario committente, di trattare in via esclusiva con la società di servizi incaricata, nella prospettiva di affidare a quest'ultima i successivi lavori di adeguamento delle strutture portuali al PRP.

 

Tuttavia, alla luce della non corretta esecuzione degli incarichi precedentemente affidati, il concessionario si determinava ad affidare ad altri tali lavori. A fronte delle diffide inoltrate dalla controparte, il concessionario decideva di rivolgersi al Tribunale per ottenere una pronuncia che accertasse la propria libertà da qualsivoglia vincolo nei confronti della controparte, anche al fine di evitare turbative o incomodi nello svolgimento delle attività previste dal PRP.

 

In via riconvenzionale, controparte chiedeva l’accertamento dell’obbligo di affidare i lavori, con conseguente condanna in tal senso, e, in subordine, il risarcimento di un danno di natura patrimoniale, non patrimoniale e curriculare, per un importo complessivo di circa un milione di Euro.

 

Accogliendo la domanda del concessionario, il Tribunale ha, in particolare, dichiarato che quando un contratto contiene una clausola che ha per oggetto il c.d. pactum de tractando – con il quale le parti si obbligano a instaurare fra loro trattative per la stipulazione di un ulteriore eventuale contratto, impegnandosi al contempo a non intraprendere trattative sul medesimo oggetto con altri contraenti – il rifiuto di trattare, così come il recesso ingiustificato dalle trattative, costituisce un inadempimento contrattuale.

 

Tuttavia, qualora intervengano ritardi e inesattezze nell’esecuzione della prestazione principale – e risulti, invece, conforme a buona fede la condotta della parte non inadempiente che abbia sempre fatto presente alla controparte, nel corso del rapporto, le proprie doglianze in merito al mancato rispetto delle tempistiche e delle indicazioni fornite – risulta giustificato il rifiuto di portare avanti le trattative per il conferimento di nuovi incarichi e la scelta di sciogliersi dal vincolo.

 

«Quanto alla gravità dell’accertato inadempimento, occorre precisare come la stessa non debba essere commisurata all'entità del danno, che potrebbe anche mancare, ma bensì alla rilevanza della violazione del sinallagma contrattuale con riferimento alla volontà manifestata dai contraenti, alla natura e alla finalità del rapporto, nonché al concreto interesse dell'altra parte all'esatta e tempestiva prestazione».

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